Storia letteraria Trapanese
TRAPANI. "LE GEMME E GLI SPETTRI" DEL NOVECENTO LETTERARIO TRAPANESE"
11/17
Due autori che, eccezionalmente, dopo avere girovagato per l'Europa e per il mondo, hanno fatto ritorno nel capoluogo sono Scammacca e Blunda. Al di là delle individuali motivazioni, nelle migrazioni dei nostri autori non è difficile scorgere una sorta di innata irrequietezza unita a un disagio ambientale. Interessanti, a questo proposito, sono le analisi dello storico Salvatore Costanza (uno di quegli intellettuali che hanno sperimentato sulla propria pelle l'esperienza della diaspora e, soprattutto, l'opzione del ritorno). Lo studioso sostiene che, seppure negli anni immediatamente successivi al secondo conflitto mondiale non possa ravvisarsi una reale capacità di rinnovamento nella vita culturale trapanese, il periodo 1944-48 sia da ritenersi il meno infelice degli ultimi decenni. La scoperta dello storicismo gramsciano poneva i più giovani di fronte a scelte radicali: "Se non era venuta meno la fiducia nel valore vitale della cultura come possibilità a sé di formare l'uomo, era però ora impossibile sfuggire alle necessità politico-normative del moderno Principe, (...) il partito (...)" (S. Costanza, Inventario culturale del secondo dopoguerra). Ma nel volgere di pochi anni, il quadro cittadino subirà delle forti regressioni, sino a spingere le nuove generazioni a drastiche virate: "A poco a poco l'atmosfera vibrante delle lotte contadine si venne illanguidendo. (...) seguì presto un atteggiamento di sostanziale immobilità, in cui la cultura pare come ripiegata su se stessa. L'erudizione storica, l'archeologia, la "reverie" letteraria tornarono nuovamente in auge, forse perché si rese molto comodo rifugiare la propria vita civica nelle passioni innocue del passato" aggiunge lo storico. Gli intellettuali di provincia - precisa Costanza - si trovarono davanti l'alternativa di: "Piegarsi al clima di autocensura, instaurato più o meno apertamente dopo il 1948; ovvero far coincidere in tutto l'impegno culturale con le esigenze della lotta politica. (...) Il massiccio fenomeno emigratorio, che si era iniziato nell'immediato dopoguerra ma che assunse aspetti nuovi a partire dal '48, fece venir meno di per sé un potenziale elemento di rottura di tale azione involutiva, allontanando le forze più giovani e consapevoli". Nella dilagante "defezione" intellettuale, lo storico trapanese discerne, oltre al valore umano, sociale e "mitico": "(...) un fatto di irresolutezza e d'evasione, che porta a svuotare d'ogni apprezzabile significato la relazione dialettica tra storia e cultura, tra cultura e società. (...) Alcuni mediteranno la fuga per tutta la vita; ad altri accade un giorno di intraprendere il viaggio (...). Per chi resta non c'è che l'isolamento, cui lo costringe intanto la sfiducia che qualcosa possa veramente cambiare, e al quale si accompagna, il più delle volte, la stanchezza e il rancore". Con tali sfavorevoli presupposti si spiega il pesante giudizio dello studioso sulle strutture culturali e sulle attività artistiche espresse dal nostro territorio: "(...) riducendosi le iniziative culturali ad una normale "presenza", dignitosa quanto si vuole, ma ormai priva di genuini fermenti, e sostanzialmente sclerotizzate in forma di vacua impersonalità: si tratta di una presenza, peraltro, che più spesso adombra la funzione prevalentemente ricreativa delle varie associazioni e le connesse vanità "civili" di una borghesia oltremodo sensibile alle sollecitazioni del potere politico (...). L'attività dei nuclei intellettuali cittadini, per il carattere chiuso, spesso aulico e insincero, ristagna quasi sempre in un ambiente ristretto (...)".
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