Storia letteraria Trapanese
TRAPANI. "LE GEMME E GLI SPETTRI" DEL NOVECENTO LETTERARIO TRAPANESE"
12/17
A conclusioni analoghe era giunto, un decennio prima, un altro scrittore, trapanese d'elezione, Filippo Cilluffo (noto per i suoi saggi sciasciani, elogiati dallo stesso Racalmutese): "(...) la nostra vita culturale è stata ed è una serie ininterrotta di tentativi ed è passata dai difetti della crescenza a quelli dell'accademismo, del conformismo, del professionismo spicciolo; se si eccettuano due o tre mostre, un paio di riviste, qualche volume di atti ed alcune organiche conferenze, non abbiamo prodotto né organizzato niente che lo storico futuro debba mettere in luce (...)" (F. Cilluffo, Profilo della vita culturale della Provincia di Trapani dopo la liberazione). Le disamine di Costanza e Cilluffo, relative ai primi decenni del secondo dopoguerra, seppure non sono sovrapponibili in toto all'intero secolo appena concluso, che presenterebbe connotati più vari e complessi, verosimilmente colgono alcuni elementi ricorrenti nella storia culturale trapanese. Ritornando al Novecento letterario, è forse di qualche utilità provare a individuare le sollecitazioni e i motivi prevalenti nella produzione dei nostri autori che, per grandi linee, ci sembrano essere: la storia, il costume, la politica (Blunda, Badalucco, Bruno, oltre a Titone, Gentile, Rodolico ed altri ancora); il tempo, la memoria, la sicilianità, il volontario esilio, la famiglia, la solidarietà umana, Dio, la natura (Marrone, Centonze, Tosto De Caro, De Vita, Agueci, Sardo); il linguaggio, l'engagement culturale (Marrone, Napoli, Zinna, Porcelli, D'Erice, Antigruppo, ecc.); l'amore e la donna (Napoli, Porcelli, Diecidue, Fiorentino, Scammacca, ecc.); le costumanze e il folklore locali (Favara, Centonze, Giambalvo, Castelli, Mondello, Fodale, Giangrasso, Atria); il fantastico, la critica sociale, la sperimentazione (Scaramuzzino, Porcelli, Salvo, Gallo, Zinna, ecc.); la classicità, la tradizione, il mito (Fiorentino, F. Vivona, N. Vivona, Messana, Calandrino, Fici Li Bassi). Malgrado la varietà del quadro delineato, con non poca difficoltà si potrebbe attribuire all'intera area un volto ben definito e riconoscibile, scontornarne un quid distintivo e qualificante. Molte delle orbite a cui si sarebbe potuta indirizzare questa letteratura sono, peraltro, rimaste lontane oppure appena sfiorate: pensiamo ai temi sociali e politici, del ritardo culturale, dell'etica individuale e collettiva, dei rapporti di coppia e della morale sessuale, della condizione economica, della mafia, della realtà giovanile, dell'"attualità" e così via. Accortamente, forse, molti di questi scrittori si sono risparmiati di scendere sui terreni più spinosi e stringenti del quotidiano vivere associato. Il loro rapportarsi con le peculiarità dello status di siciliani, di trapanesi, appare, in genere, piuttosto distante e rarefatto. Perfino i volitivi e impetuosi "antigruppo", che pure, programmaticamente, avrebbero propugnato e adottato rinnovate forme di comunicazione e di intesa con parti della società solitamente oscurate, hanno dovuto registrare un mordente relativamente scarso sulla realtà provinciale, forse scontando posizioni e atteggiamenti talvolta confusi, antinomici, rissosi, quando non altisonanti e populistici. Altro grave limite della storia letteraria novecentesca trapanese, si potrebbe ravvisare nell'assenza di un autore radicalmente e globalmente rappresentativo dell'identità territoriale, un personaggio a tutto tondo, alla Vittorini, alla Sciascia, alla Verga, alla Brancati, per intendersi; la mancanza, cioè, di genius loci in cui riconoscersi e riflettersi per poter cementare un'icona comunitaria. Era questo, verosimilmente, il significato di una apparentemente ingenerosa semplificazione di Camilla Cederna, quando scrisse che "Trapani è l'unica città della Sicilia che non ha scrittori e letterati.
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