Per motivi
che non si spiegano (...). Tante altre piccole cittadine hanno
i loro cantori di fama nazionale (...), ma Trapani non ha mai
avuto né cantori né scrittori. Qui la contemplazione e l'elaborazione
del pensiero non sono di casa" (C. Cederna, Il lato forte e il
lato debole, 1992). Arguto e suggestivo fu l'intervento con cui
Nino Russo, docente universitario a Palermo, "replicò" alla scrittrice,
attraverso un periodico allora pubblicato nel capoluogo, riconducendo
le ragioni dello scarso talento letterario in situ a taluni non
sottili legami fra i Trapanesi di oggi e i loro antenati fenici
("popolo pragmatico"), ma anche, ad esempio, alla repressione
militare e alla "cacciata" del più vivace artigianato cittadino
dopo il fallimento dell'insurrezione delle locali maestranze,
nel 1672-1673, sancito dalla decapitazione del loro patrocinatore,
Girolamo Fardella (N. Russo, Trapanesi cartaginesi, "Graphiti").
Estremamente difficoltoso, se non impossibile, appare, comunque,
tracciare una linea, un filo conduttore ininterrotto, intorno
a cui intrecciare le esperienze letterarie e culturali maturate
nella nostra provincia, sia nel Novecento che nei secoli precedenti,
tale da poterle fare assurgere alla dignità di "tradizione letteraria
trapanese": lo impedirebbe, a nostro avviso, un eccesso di frammentarietà,
di segmentazione e, talvolta, di asetticità dell'opera degli scrittori
rimasti ad operare in questa propaggine dell'Italia. Nondimeno,
l'indagine letteraria, pur in una geografia così delimitata e
culturalmente confinata, sembra, per taluni riguardi, ben sposarsi
anche con le recenti acquisizioni della ricerca storico-economica.
Il retroterra geopolitico e giuridico-amministrativo delle nostre
province (le cui tappe più recenti ci rimandano alle leggi piemontesi
del 1848 e del 1859, poi alle normative del Regno d'Italia del
1865, del 1926-27 e del 1939 e, infine, ai dettami della Regione
Sicilia del 1955 e del 1986) potrebbe perfino ritenersi speculare
alle vicende civili e culturali delle medesime, come confermerebbe
anche uno studio di Salvatore Costanza: "(...) quella fascia della
costa trapanese con il suo vasto "hinterland" ericino fino alle
coste di Castellammare del Golfo (...) dopo la riforma amministrativa
borbonica del 1815-16 costituì il distretto di Trapani. La valle
della provincia di Trapani (...) fu distribuita in tre distretti.
Gli altri due, Mazara ed Alcamo, in realtà, non erano soltanto
una semplice divisione amministrativa ma obbedivano ad un criterio
di omogeneità economica e territoriale che certamente dovette
sovraintendere ai criteri di ordinamento che allora furono avviati.
Questa parte litoranea della provincia di Trapani e l'"hinterland"
ericino, che costituiva un vastissimo comune, il secondo della
Sicilia per vastità di superficie, questa area periferica, dicevo,
viveva essenzialmente sul commercio e sull'economia del mare,
coralli, tonnare, saline; l'altra parte della provincia di Trapani
ruotava, in realtà, attorno alla provincia di Palermo e alla provincia
di Agrigento piuttosto che al capoluogo trapanese. Si trattava
di una dicotomia di natura economica che sopravviverà anche in
seguito, attraverso vicende che, per molti aspetti, coinvolgeranno
il tessuto politico e sociale di questa parte estrema della Sicilia
occidentale. Già in questo ordinamento amministrativo si evidenziavano
appunto le linee di una frattura tra le due parti della provincia
di Trapani che erano determinate in gran parte dalla struttura
economica ancor più che dalla divisione amministrativa, diciamo,
più o meno artificiosa. La parte orientale della provincia di
Trapani, i distretti di Alcamo e di Mazara, in realtà apparteneva
al patriziato palermitano e alla curia vescovile di Ma zara" (S.
Costanza, Imprenditori e imprese in un'area periferica della Sicilia
tra il 1816 e il 1831). |