Non altrettanto
fecondo che il Cinquecento, per quel che riguarda gli scrittori
trapanesi, appare il secolo successivo. Di molti autori, peraltro,
l'importanza non risulta acclarata e, nella penuria e rarità di
adeguate fonti documentali, sarebbe quanto meno arduo affidarsi
ai giudizi degli autoctoni annalisti d'antan. L'intellettuale
più celebre del nostro Seicento è certamente il filosofo e matematico
Michelangelo Fardella (1650-1712), che conobbe il Borrelli e il
Leibniz e fu amico del Malebranche, dell'Arnauld, del Regis, del
Lamy e di altri letterati francesi (recentemente su di lui è apparsa
l'attenta ricerca di A. Barbata e S. Corso, Fra' Michelangelo
Fardella. Trapanese "in fuga" tra XVII e XVIII sec. nella Repubblica
delle Lettere d'Europa, 1993) Ricorrono, poi, nei repertori biografici,
vari altri autori, per lo più di scarso peso ma, in qualche caso,
non ignoti agli specialisti: il trapanese Francesco Monaco (1593-1651),
che fu vescovo di Reims e autore di furibondi "anatemi" ai danni
degli spettacoli teatrali (una sua opera del 1621, Parenesi contro
gli attori e gli spettatori di commedie del nostro tempo, è stata
recentemente ristampata da Bulzoni, a cura di Ferdinando Taviani,
nel volume La commedia dell'arte e la società barocca. La fascinazione
del teatro, 1991); Giuseppe Barlotta (Trapani 1654-1713), anch'egli,
come il precedente, in prevalenza versato nella materia filosofica,
teologica e morale; Vito Sorba, pure lui trapanese, fondatore
dell'Accademia della Lima, morto nel 1636; lo stimato poeta e
filosofo trapanese Filippo Triolo (1602-1646), che pubblicò raccolte
vernacolari di gusto teocriteo; il drammaturgo mazarese Anselmo
Sansone (che finì la sua vita a Caccamo nel 1699); il nobile alcamese
Antonino Romano Colonna, le cui poesie furono incluse nella raccolta
del Galeano, Muse Siciliane; l'ericino Francesco Palma (1618-1690)
e suo fratello Giuseppe, autori di opere teatrali; il poeta vernacolare
salemitano Manfredi Cremona (1604-1672), assai rinomato ai suoi
tempi; il trapanese Martino Barbara, anch'egli presente nella
raccolta del Galeano uscita a Palermo negli anni 1645-1647; Francesco
Avila, nato a Calatafimi nel 1667. Ecco come sintetizzava l'atmosfera
letteraria del Seicento siciliano Giorgio Santangelo: "(...) si
riconoscerà (il Seicento - N.d.R.) nel fenomeno del "marinismo"
o "secentismo"", come "si è potuto notare già nella produzione
lirica dei petrarchisti dell'Accademia degli Accesi, i quali (...)
avevano condotto le grazie del Petrarca a farsi artificio e concettosità,
in un impasto di immagini e colori che nascondeva la mancanza
di sincerità, di sentimento e di ogni seria aspirazione ideale". |