Il Sola,
degli umanisti della Sicilia occidentale, ricorda Callimaco Monteverde
di Mazara, Gian Giacomo Adria anche egli mazarese, che si rese
illustre per i suoi studi di filosofia e di letteratura e fu medico
alla corte di Carlo V, Tommaso Schifaldo di Marsala, Ippolito
Di Ippolito di Mazara, Leonardo Orlandini di Trapani, vissuti
tra la fine del '400 e i primi degli anni '500. A Mazara insegnò
pure verso la fine del '400 Paolo Ferro, mazarese; fu applaudito
maestro di grammatica e rinomato poeta e scrittore di epigrammi.
Nella metà del '500 si distinse Vincenzo Colocasio di Marsala
e nella seconda metà del secolo Sebastiano Bagolino di Alcamo,
emigrato per alcuni anni a Napoli e poi tornato ad Alcamo, dove
insegnò nel pubblico ginnasio" (G. Sammartano, Umanisti marsalesi:
T. Schifaldo e V. Colocasio). Di questi autori, si collocherebbe
propriamente nell'ambito temporale dell'umanesimo Tommaso Schifaldo
(visse presumibilmente dal 1430 al 1495), che fu "(...) dottissimo
ed egregio poeta ed oratore (...). Istruì molti nella letteratura,
tra quali fuvvi il celebre Adria, e fece fiorire la lingua del
Lazio in Sicilia" (G.M. Mira, Bibliografia siciliana). Andrebbero,
invece, inclusi nella trama del Rinascimento: Colocasio, Adria,
Orlandini e Bagolino. "Fu coltivato il poema eroico in lingua
latina, come l'opera di Vincenzo Colocasio, Quarti belli punici
libri sex, pubblicata a Messina nel 1552 (e riedita nel capoluogo
peloritano nel 1868 e a Marsala nel 1901), dove viene celebrato
un avvenimento di grande importanza, cioè l'impresa vittoriosa
del vicerè Giovanni De Vega contro la città di Mahdia, detta anche
Afrodisio, sul litorale africano, donde partivano le scorrerie
sulle coste dell'isola. E' un poema, nel complesso, farraginoso,
ma non è privo di una certa fluidità di verseggiatura e, qua e
là, di una pregevole sostenutezza classica della forma. Il modulo
epico è ricalcato su quello dell'Africa del Petrarca (...)" (G.
Santangelo). Mentre tra gli autori di epigrammi, elegie e carmi,
in Sicilia in quegli anni primeggia Sebastiano Bagolino (1560-1604):
"Scrittore di complesso mondo spirituale, fu combattuto tra il
bisogno di un rinnovamento cristiano della coscienza e la forza
della tradizione classico-paganeggiante. Le sue liriche, pervase
da un senso di forte e dolorante umanità, possono dividersi in
religiose e amorose. Vi si sentono Virgilio, Tibullo, Properzio
e, fra i moderni, soprattutto il Petrarca e il Pontano: non mancano
note di caldo sensualismo e di spontaneità espressiva che fanno
del Bagolino uno dei poeti più personali di questo periodo" (G.
Santangelo). Tra i petrarchisti, tutti comunque adombrati da Antonio
Veneziano, detto il "siculo Petrarca", vi furono il trapanese
Leonardo Orlandini (1552-1618), sepolto presso la Cattedrale di
Palermo e citato anche dal Carducci (G. Carducci, La poesia barbara
nei secoli XV e XVI), e Ippolito Di Ippolito, mazarese. Prelato
e poeta fu il salemitano Giovanni Antonio Brandi (1555-1607):
"Tra le sue opere merita di essere ricordato il poema sacro Il
Rosario di Maria Vergine, in quindici canti (ciascuno di ottanta
ottave), elogiato da Torquato Tasso, che lo ricordò in una sua
ode" (S. Costanza, Dizionario biografico dei Trapanesi). |