Ma il
meglio della sua lirica è rimasto in gran parte inedito in volume:
Carnascialate (1904-1907), Poemi provinciali (1903-1907) e Favole
e fiabe (1904-1906). Fu anche amico di Luigi Pirandello e Rosso
di San Secondo (con cui scrisse la commedia Cola Berretta, probabilmente
andata perduta) e autore di pregevoli commedie e atti unici, per
lo più pubblicati su riviste (La fioraia, Il cappello alato, La
ragna, Le vedove, Spiaggia, Finestra, Il francobollo, Lume di
luna, Aggiornamenti, Lo spettro, Si chiude, La statua del commendatore,
Re Ferdinando, Farmacia notturna, Le fidanzate e molti altri testi
rimasti impigliati nel proverbiale cassetto). Entusiasti sostenitori
del futurismo si professarono Giuseppe Candia, Gaetano Gionfrida,
Salvatore Carriglio e altri giovani trapanesi che produssero due
appassionati numeri unici ("Marciare non marcire! Salire!" nel
1927 e "Martinetti" nel 1928). La loro adesione alla "religione"
parolibera non fu priva di contraddizioni, ritardi e ripensamenti,
ma fruttò anche la collaborazione con altri adepti, come il pittore
palermitano Pippo Rizzo o il messinese Guglielmo Jannelli, e i
contatti con lo stesso Marinetti che, alla città, dedicò una memorabile
lirica (Il porto di Trapani invernale). Con il sacerdote Andrea
Tosto De Caro, il salemitano Andrea Agueci e il trapanese Giacomo
Sardo (di cui, tuttavia, la silloge più riuscita, a nostro avviso,
è D'altro regno, del 1975) fu assicurato, a cavallo degli anni
Venti e Trenta, l'inserimento della provincia nel flusso siciliano
cattolico e idealista della "Tradizione", capeggiato dal palermitano
Pietro Mignosi (che, a Trapani, nel primo dopoguerra, proiettava
la sua voce con le cronache d'arte regolarmente accolte ne "Il
Corriere"). Tosto De Caro (Trapani 1906 - 1977), che fu poeta,
compositore e critico d'arte, fondò e diresse, dal 1932 al 1936,
una interessante rassegna culturale, "Parva lucerna", a cui affidarono
i propri scritti importanti nomi del cattolicesimo italiano. Le
sue principali opere poetiche sono Specchio d'acque (1933), Cielo
rosa (1934), Le mura fiorite (1959) e L'airone nel cerchio (1970).
Il suo nome figura in antologie insieme ai più celebri preti-poeti
(Turoldo, Rebora, Corsaro). Andrea Agueci, che visse anche una
lunga parentesi romana (dal 1928 al 1940), collaborando a "Il
Tevere", con Ercole Patti, Vitaliano Brancati e Telesio Interlandi,
consumò in un decennio la sua fugace carriera poetica, lasciandoci,
tra le cose migliori, Crocevia (1932) e Apparizioni e segreti
(1934). L'esperienza ermetica lasciò i suoi segni nella lirica
dei mazaresi Orazio Napoli (che negli anni Trenta, a Milano, operò
a fianco di Quasimodo, Sinisgalli, Zavattini, Cardarelli, Saba
e la cui opera principale, Notte, legame, mare, nel 1956, apparve
nella prestigiosa collana "Lo Specchio" della Mondadori) e Luigi
Fiorentino (poeta, narratore, storico della letteratura e traduttore,
della cui vastissima opera ricordiamo l'"antologica" di liriche
Un fiume, un amore, del 1961; a Siena, fondò e diresse, dal 1946
al 1981, anno della sua morte, la rivista letteraria "Ausonia",
attraverso cui vivacemente e polemicamente si battè a favore dell'amalgama
di tradizione e modernità). Prese parte ad attività della neoavanguardia
Lucio Zinna: una testimonianza di quell'attrazione fatale è la
raccoltina Antimonium 14, scritta nel 1965 e pubblicata nel 1967.
Da questa schematica carrellata, si potrebbe, dunque, ricavare
che la letteratura trapanese non si sia posta fuori dal solco
isolano e nazionale. Assai più complesso sarebbe voler rintracciare
nella produzione di questi autori l'ubi consistam della "trapanesità",
il suo particulare. |