Storia letteraria Trapanese
TRAPANI. DA 'ABD 'AR-RAHMAN A ELIODORO LOMBARDI, OVVERO DAL DECLINO DELLA STAGIONE ARABA AL TRIONFO DELLA POESIA PATRIOTTICA DELL'OTTOCENTO
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Racconto del XVII secolo, Palermo, 1866), sulla scia dei lavori dell'inglese Ann Radcliffe. Da questa succinta escursione attraverso otto secoli di storia letteraria trapanese, si certificherebbe che i periodi di maggiore fermento creativo furono il Cinquecento e l'Ottocento e due sembrerebbero le linee fondamentali percorse dalla cultura locale: una confidenziale, scherzevole, dissacrante, critica che, partendo da 'Abd 'ar-Rahman, riguarda Cielo D'Alcamo, Bonajuto, Burgio, Calvino, Armato; un'altra più regolare, tradizionale, dotta, che dagli umanisti, Bagolino, Adria, Schifaldo, passa per Michelangelo Fardella, gli stessi Burgio e Bonajuto per altri versi, Amico, Lombardi, Corleo e Di Giovanni. Non è, forse, un mero azzardo voler riconoscere in queste due tendenze, talvolta tra loro intrecciate, dello svolgersi dell'attività dei nostri autori, le due "anime" compresenti nell'indole dei Trapanesi, che si direbbe si siano presentati in limine al Novecento con alle spalle un percorso altalenante e accidentato, privo di grandi slanci (si tenga, tuttavia, conto che il Burgio fu indotto a pubblicare le sue Lettere sotto la copertura dello pseudonimo e che il Calvino migliore circolava anonimamente e, in parte, fu pubblicato postumo), piuttosto allineato alle vicende regionali e nazionali, ma non sfornito di qualche fondata aspettativa di riscossa. Nessuno di quegli scrittori, tuttavia, se non per ragioni di consuetudine scolastica (Cielo D'Alcamo) o di intriganti curiosità extraletterarie (Calvino), può oggi veramente dirsi patrimonio consapevolmente operante del bagaglio "genetico" culturale della provincia.

"LE GEMME E GLI SPETTRI" DEL NOVECENTO LETTERARIO TRAPANESE"
Da una rapida scorsa dei principali scrittori trapanesi del Novecento, si accerterebbe che, quasi sempre, non sono rimasti estranei alle influenze delle coeve correnti letterarie italiane. Unica, macroscopica (probabilmente non casuale) eccezione sarebbe costituita dal "disinteresse" per il neorealismo che, per convenzione della critica, abbraccia il decennio 1945-55. Il pendant di quel coté culturale, nella nostra periferica e negletta provincia, potrebbe, tuttavia, essere ravvisato nel movimento siciliano "Antigruppo" (Scammacca, Diecidue, Certa, Bonventre, Franco Di Marco sono stati alcuni degli esponenti locali), che espressamente si richiamava, tra gli altri, a Vittorini, ma che prendeva l'abbrivio con oltre dieci anni di distanza dal ripiegamento di quella temperie e, soprattutto, nasceva in antitesi alla neoavanguardia e, comunque, in un clima storico notevolmente mutato rispetto all'immediato dopoguerra Simbolisti e crepuscolari furono Tito Marrone, Umberto Saffiotti (originario di Barrafranca, trascorse a Trapani parte della sua giovinezza) e Giuseppe Piazza (che, poi, a Roma, fondò e diresse, con Marrone, Federico De Maria e Armando Granelli, "La vita letteraria"; alcuni suoi scritti filosofici furono oggetto delle recensioni di Benedetto Croce). Tito Marrone (Trapani 1882 - Roma 1967), trasferitosi nella capitale nel 1902, fu, più esattamente, l'iniziatore, col Govoni, del crepuscolarismo, come tardivamente riconobbe anche una parte della critica (Capasso, Viola, Ruju, Caccia, Frattini, Bellonci, Marvardi, Tuscano e altri). Del gruppo romano dei crepuscolari facevano anche parte i più giovani Corazzini e Martini. Tra le sue opere poetiche figurano Cesellature (1899), Le gemme e gli spettri (1901), Le rime del commiato (1901), Liriche (1904) ed Esilio della mia vita (1950).
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