Inediti - I vostri testi
In questa pagina potrete leggere i migliori lavori pervenuti al nostro sito. Stazioneranno per una o più settimane, poi cederanno il posto ad altri scritti meritevoli.
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Uscì dal ruscello completamente zuppo e confuso e si ritrovò al collo la bambina che non smetteva di ringraziarlo e baciarlo. Le diede il cagnolino e un bacio in fronte, gioì della felicità di lei mentre la vedeva riempire di coccole il cane, poi le chiese dove abitasse e come mai fosse da sola nel bosco.

«Abito nella malga, coi nonni e mia sorella. Ci stiamo fino a settembre, poi torniamo in città perché mia sorella deve fare i concerti»

«E in città ti fanno tenere il tuo cagnolino?»

«Sì, per fortuna sì. Però a me piace di più stare in campagna, tra i boschi, a raccogliere more e mirtilli e correre con Lucy sui prati. Vuoi venire da noi ad asciugarti?»

Bruno ripensò alla statua di sale e a quanto appena successo. «No, grazie... preferisco asciugarmi al sole. Ma tu sei sicura di saper tornare a casa da sola?»

«Certo, io sto in giro tutto il giorno e conosco il bosco meglio delle guide alpine. Grazie per aver salvato la mia Lucy. Se torni qui vienimi a trovare alla malga, ti prego. Anche Lucy sarà contenta. Verrai?»

«Verrò, stai certa. E se tu non ci sarai chiederò ai tuoi nonni quando ti potrò trovare.»

Si inginocchiò davanti a lei, accarezzo la cagnetta che ancora tremava di paura, poi accarezzò i capelli della bambina e rimase stordito da un suo guizzo con il quale gli regalò un fuggevole bacio sulle labbra.

«Ora siamo fidanzati, quindi devi tornare per forza»

Bruno sorrise e colse il batticuore della bambina. «Certo - rispose tenero e serio - non posso mica abbandonare la mia fidanzata così. Ma ora vai, che magari ti aspettano»

Gli occhioni di lei non lo lasciarono, nonostante si allontanasse per il sentiero. Lui la salutò mandandole una bacio. Allora lei sorrise, rise forte di felicità e prese a correre fra gli alberi finché sparì dietro una siepe.

Bruno cominciò a togliersi di dosso quella roba zuppa d'acqua. La stese al sole e lui pure si sdraiò sull'erba, non propriamente al sole, ma lasciando che la sua luce e il suo calore fossero filtrati dalle foglie. Non poteva essere stato un caso che fosse successo tutto così. E le coincidenze cominciavano a diventare troppe. Lui che stava fuggendo dai ruoli che aveva recitato per tutta la vita, si era trovato nella condizione di doverne recitare un altro a tutti i costi, quello dell'uomo forte, sicuro, capace di risolvere tutti i problemi. Era sempre stato il personaggio più gettonato, e lui ci si era adagiato più e più volte: svegliandosi era la prima cosa che gli era venuta a nausea. Dover dimostrare qualcosa... Proprio quando aveva deciso di abbandonare il ruolo, di deludere la bambina, di liberarsi finalmente da quelle catene... proprio in quel momento fu il personaggio a saltargli addosso e non ebbe nemmeno il tempo per evitarlo. Lo chiamassero destino o caso o coincidenza, poco cambiava. Bruno pensò e capì che in quel momento non aveva voluto essere altro che se stesso, con le sue debolezze e i suoi errori e la voglia di rischiare di deludere qualcuno che si aspettava qualcosa da lui. E il caso aveva giocato in suo favore. Basta con le recite, basta con i rapporti in cui bisogna calibrare la voglia o la necessità di dominare ed essere dominati, basta con le sovrastrutture, basta con le donne che ti dipingono diverso da quello che sei solo per proiettare in te qualcosa che loro stanno cercando e non saprebbero dove trovare. Basta adeguarsi, basta voler adeguare anche la donna del momento all'illusione di ideale cercato. Perché anche lui, e lo sapeva bene, cadeva in questo meccanismo. Ed era proprio così che pensava di innamorarsi, che creava nella sua testa delle passioni inesistenti. Proiettava un ideale su una donna e, per quanto tutto gli dicesse che quella non ci si accostava neanche un po', lui si impuntava a voler vedere la realtà solo coi suoi occhi ottenebrati. Basta con tutto questo. Bruno voleva solo semplicità e complicità. Essere come si è, accettarsi e scoprirsi giorno dopo giorno. Piacersi o non piacersi, amarsi o non amarsi, desiderarsi o non desiderarsi, aspettarsi o non aspettarsi, pensarsi o non pensarsi... Lasciare che i dubbi siano la costante di un rapporto, a totale discapito delle false certezze. Ecco perché istintivamente Bruno aveva pensato quella mattina che avrebbe trascorso un periodo da solo; adesso lo sapeva anche coscientemente il perché. Doveva imparare ad accettarsi e a conoscersi bene. Poi avrebbe potuto imparare ad accettare una compagna accanto a sé. Quanto tempo ci avrebbe messo? Scansò il pensiero come qualcosa di fastidioso e si rialzò, ormai asciutto.

Raccolse i vestiti, si rivestì e gli venne voglia di una passeggiata. In realtà aveva voglia di mirtilli e aghi di pino sotto ai piedi. Lasciò la moto lì e cominciò a camminare senza meta. Quante erano state le donne davvero importanti nella sua vita? Basta, non voleva più pensare a ciò che era stato. Così si sforzò di cancellare quella domanda dalla sua mente, si avvicinò a un rovo pieno di more e sentì rinascere il bambino che era in lui. Ne prese una grossa e matura e la assaporò, così fece con un'altra, facile preda che gli era caduta proprio sotto gli occhi, e ancora con un'altra. Poi aguzzò la vista e si impegnò a cercarne di altre. Non voleva accontentarsi di mangiare le prime che gli capitavano, voleva trovare quelle belle grosse e mature. E il tempo impiegato nella ricerca non gli sembrò sprecato, ma capace di concedergli il gusto di assaporare l'ultima mora fino in fondo, fino a sentirne scivolare via le ultime stille di fragranza vellutata dal palato. "Ecco - pensò - per sentire fino in fondo il sapore di qualcosa e assimilarlo bisogna dargli il tempo di lasciare impressione di sé". Non sentì più il bisogno di mangiare altre more, chiuse gli occhi perché l'ultima lasciasse profondo il ricordo di quel gusto. Masticò lentamente, deglutì e si inebriò per quell'esperienza.

Riprese a camminare, mani in tasca e sguardo libero, con la curiosità di ripercorrere posti che aveva quasi dimenticato e che, pur essendo rimasti uguali, erano profondamene diversi. "Diverso è ciò che si guarda in modo diverso, non ciò che è cambiato", gli suggerì il suo pensiero. E certo quel giorno il suo sguardo era ben mutato, anche solo rispetto al giorno precedente. Scricchiolii di rami secchi e foglie, rumori di sottobosco e nemmeno una figura umana nei dintorni. Stava proprio passando un bel compleanno. Solo per un attimo lo attraversò l'idea che era stato fin troppo pieno di incontri, casuali certo, ma ebbe l'impressione che non sarebbe finita lì. Ma lui non avrebbe fatto proprio nulla per provocarne degli altri.

Fu attratto da una piccola radura dalla quale gli sembrava si potesse osservare una cascata che terminava nel ruscello, e facendo attenzione al terreno scosceso e sdrucciolevole ci arrivò. In effetti la vista da lì era molto suggestiva. Affiorava attraverso gli alberi, quasi senza essere annunciata, questa cascata fragrante, e ne si poteva seguire il declivio finché non andava ad adagiarsi, adagiarsi non rovesciarsi, nel letto del ruscello. Quella dolcezza quasi lo costrinse a sedersi per qualche minuto. L'erba era umida, mista a muschio e a qualche fungo appena affacciatosi alla luce. Si riposò dai suoi pensieri e lasciò che scivolassero via come l'acqua della cascata. Stavolta l'incubo non lo assalì, forse era bastata quella bambina a scacciarlo per sempre, o forse la gioia di non dover recitare mai più. Quando sentì il desiderio di alzarsi e riprendere il cammino fu perché un profondo respiro lo aveva ricaricato e soddisfatto.

Appoggiò tutto il peso su una mano per tirarsi su e il suo sguardo incrociò qualcosa che in quell'ambiente suonava estraneo. Ai piedi di un albero c'era un profilattico, che era inequivocabilmente stato testimone e protagonista di un amplesso. Istintivamente, a Bruno venne da storcere la bocca. Non per disgusto, ma perché quell'immagine aveva rovinato qualcosa nella poesia del luogo. Cercò di rimuovere quell'immagine andando via rapidamente, ma d'istinto l'ultima cosa che guardò prima di proseguire fu proprio il profilattico.

Si inerpicò lungo un sentiero capace di farlo ansimare. Ma non c'era forse poesia anche in un amplesso rubato ai margini di un ruscello, nel bel mezzo di un bosco? Certamente sì, ma ciò che Bruno non poteva cancellare era ciò che restava di quell'amplesso: lattice e sperma. Si chiedeva se fosse stato un atto d'amore o una scopata, e se per entrambi fosse stata la stessa cosa. Erano venuti lì proprio con l'intenzione di farlo o era capitato? Cioè, lui era venuto lì con l'intenzione di possederla e per questo aveva con sé il profilattico, o no? e lei? lei sapeva che sarebbe successo anche prima di arrivare fin lì? Lattice e sperma, qualunque fosse stata la motivazione che ce li aveva spinti. Lattice e sperma. Quante volte aveva corteggiato una donna, quante volte si era convinto di essere innamorato, quante volte aveva cercato di convincere anche lei, quante volte si era finto tenero amante o Don Giovanni... e quante volte solo per culminare nell'ultimo atto della recita lasciando a sipario chiuso null'altro che lattice e sperma? E allora perché questo disgusto quasi puritano? Forse solo ieri ne avrebbe riso. Forse solo ieri ne sarebbe stato eccitato e si sarebbe dato da fare per trovare una nuova donna di cui innamorarsi e da portare in un bosco. Forse ieri, ma oggi perché questo disgusto? "L'amore non è lattice e sperma, ecco perché", pensò con forza. E continuò a inerpicarsi con più energia, quasi rabbia. Cercava di imporsi questa convinzione, arrabbiandosi con se stesso e con la sua coscienza che lo invitava a riflettere. Stava confondendo ciò che è l'amore con ciò che rimane dell'amore, era su questo che doveva interrogarsi. Lo sapeva, e per questo si innervosiva. Spezzò un ramo con un colpo secco, violento, con la scusa di farsi un bastone. In realtà quel gesto gli servì per scaricarsi. Lattice e sperma. Quella salita sembrava non finire mai, e gli facevano pure male i piedi, e aveva sete, e stava sudando, e mannaggia alle sigarette che gli toglievano il fiato... Lattice e sperma. Un sasso si staccò da una parete, cadendo poco distante da Bruno. "Vaffanculo - pensò - io torno indietro". Appuntellò il bastone in terra, si fermò per qualche istante, alzò lo sguardo verso l'alto, come a vedere quanta strada avesse ancora davanti a sé, tirò un sospiro e continuò a salire. Lattice e sperma. "Ma che ne posso sapere io... che ne posso sapere se nella mia vita di merda ho solo finto per compiacermi, se non ho mai amato che me stesso. Che ne posso sapere... Io che rifletto sull'amore... che cosa patetica e comica. Lattice e sperma... E allora? Vabbé, fosse pure che ciò che rimane è lattice e sperma... oppure solo sperma perso tra sospiri e lenzuola accartocciate... Il problema è ciò che precede il lattice e lo sperma, quello è il problema". Bruno parlava tra sé e il fiatone aumentava, ma questo parlare tra sé lo calmava. Sentì una breve fitta al fianco. Si rizzò di colpo, sudò freddo ma poi passò. Finalmente il sentiero si apriva in una radura. Era lì che Bruno voleva arrivare, e ci arrivò giusto in tempo per vedere quello che non ricordava più.