Inediti - I vostri testi
In questa pagina potrete leggere i migliori lavori pervenuti al nostro sito. Stazioneranno per una o più settimane, poi cederanno il posto ad altri scritti meritevoli.
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La piccola vallata circondava un laghetto in cui si specchiava per intero. Le prime tracce di tramonto striavano il cielo con tutte le sfumature del rosso fino al viola. Bruno rimase in piedi a riprendere fiato, poi sedette su un masso in modo da godersi il panorama. Tolse le scarpe e appoggiò il bastone. "Lattice e sperma", pensò ancora una volta, ma adesso senza rancore. Quando aveva deciso di innamorarsi di una donna era sempre stato il corpo di lei, l'attrazione fisica, la sensualità a stimolarlo, non altro. Sì, poi ci costruiva attorno tutta una favola per raccontarsi che si era innamorato di lei, di come era dentro. Ma quel 'dentro' in realtà non esisteva, ovvero, era del tutto diverso da quello che lui voleva immaginare. Ecco perché poi finiva tutto in lattice e sperma. Gli sembrava di essere finalmente arrivato alla soluzione del problema e benediceva il crollo di quell'illusione. Adesso avrebbe saputo riconoscere un'attrazione fisica da una sintonia emotiva, in breve la voglia di una scopata da un innamoramento. Adesso sì. Per essere certo di quanto aveva capito avrebbe rinunciato alle scopate pure e semplici. Il tramonto compiva il suo ciclo davanti ai suoi occhi e quella quiete gli sembrava il riflesso della quiete interiore che aveva raggiunto.

Il sole ormai era nient'altro che le tracce del suo passaggio. Bruno calzò a fatica le scarpe, riprese il bastone e tornò sui suoi passi. Aveva poco tempo per raggiungere la moto. Se fosse sceso il buio, gli sarebbe stato difficile muoversi nel bosco. Così si affrettò e andò giù senza fermarsi per nessun motivo. Si sentiva leggero come un pensiero compiuto. Non esitò mai, sicuro per quei sentieri che, ripercorsi dopo tanti anni, gli erano tornati alla memoria senza possibilità d'errore. Ma alla fine della discesa, quando ancora mancava circa un chilometro alla moto, lo colse il buio. In cielo c'erano ancora tracce di luce, ma il sottobosco non permetteva loro di filtrare.

Bruno non si fece prendere dal panico, anzi lo divertì quella situazione da boy scout. Lui non aveva mai fatto parte dei boy scout, anzi li aveva sempre trovati patetici e un po' ridicoli. Però al suo posto si sarebbero mossi senz'altro meglio di lui, doveva riconoscerlo. I primi metri li percorse con estrema facilità perché gli alberi stessi tracciavano il sentiero, quindi gli bastò seguirli, poi il buio si trasformò nella sua immaginazione in un labirinto uterino. Doveva abbandonarsi all'istinto, non poteva certo fingere con se stesso, avrebbe rischiato di perdersi. Cercò di concentrarsi sui propri sensi e sulla memoria, aiutandosi col bastone. Per la prima volta aveva coscienza di sé. Questo lo tranquillizzò. In fondo la strada era tracciata, bisognava soltanto riuscire a seguirla. Sentì il suo olfatto che gli comandava di andare verso destra, e lo assecondò. Percorse tutta la strada che l'olfatto gli aveva aperta e si fermò appoggiandosi a un albero. Poi sentì nascere uno stimolo tattile. Così procedette a tentoni per un bel pezzo, riconoscendo le diverse cortecce e il mutare del bosco che dai pini degradava negli abeti. Lì non si fermò e fu certo di essere sulla buona strada, perché alcune ombre disegnate dallo spicchio di luna gli fecero riconoscere il sentiero. Così si affidò alla sua vista finché le ombre non cessarono. Ma aveva fatto a tempo a intravedere dei rovi di more, e ritrovò nella sua memoria il gusto del mattino. Così avanzò ancora, finché non si abbandonò al rumore ormai chiaro del ruscello. Non doveva essere lontano dalla moto, anche se sapeva che ancora c'era un po' di strada da percorrere. Quando finalmente credeva di essere a pochi metri dalla piccola radura, si trovò davanti a un bivio che non ricordava, ma che pure doveva aver superato quando era arrivato. Incredibilmente fu assalito dal panico, proprio alla fine fu assalito dal panico. Stava per scegliere a caso la via da seguire, poi si fermò, pensò che stava commettendo una leggerezza, che doveva scegliere con calma, perché la sua scelta sarebbe stata definitiva: ritrovare la moto o vagare nel bosco per tutta la notte. Cosa voleva veramente? Gli sembrò una strana domanda, ma era affiorata con naturalezza. Cosa voleva veramente? Senza la necessità di darsi una risposta compiuta seguì il suo cuore e si inoltrò per il viottolo di sinistra. Percorse circa cento metri senza mai dubitare della sua scelta e si ritrovò nella piccola radura. La moto era lì.

Sorrise soddisfatto, diede una pacca sulla sella come si fa coi cavalli, montò e l'accese. Con la luce del faro non aveva più timore di perdere la strada, e, pur senza eccessive spericolatezze, ripercorse in gran parte la stessa strada fatta al mattino. Evitò solo alcune scorciatoie che pensò potessero essere pericolose, perché troppo ripide e a strapiombo. Il vento in faccia e in complesso la giornata che aveva trascorso gli fecero ricordare che aveva fame. Del resto erano quasi le dieci ormai. Deviò dalla strada di casa, perché si ricordò di una locanda molto accogliente a pochi chilometri da dove si trovava. E verso di quella si diresse, pregustando già la selvaggina e la familiare cortesia della nonnina che la gestiva insieme al figlio.

Da lontano sentiva il profumo precedere la vista della locanda di svariati metri. C'erano solo due macchine parcheggiate lì davanti. Del resto era un posto che conoscevano in pochi e per di più era anche tardi. In montagna dopo le dieci di sera molti ristoranti sono già chiusi... Era sempre uguale a come lo ricordava. Entrò e si trovò un tavolo che gli permettesse di guardare fuori, verso la pineta. Gli altri avventori erano due coppie, sedute a tavoli ben distanti tra loro ma entrambi appartati e avvolti dalla penombra. Potevano essere coppie sposate, o solo fidanzati, o magari amanti in fuga per una sera dalle rispettive routine coniugali. Questa ipotesi soddisfece abbastanza Bruno, avvalorata com'era dal fatto che entrambe le coppie fossero in tiro, che parlassero a bassa voce e protendendo la testa verso l'altro, che si fossero sedute in disparte e in posti da cui si poteva facilmente controllare l'ingresso ed eventualmente sgattaiolare in veranda. E poi ci si era trovato chissà più quante volte in quella stessa situazione, quindi la sapeva riconoscere facilmente. La cartina di tornasole era però la morbidezza del gesto del fumare. Sì, quel gesto non poteva mentire.

La vecchina stava dietro al banco ad asciugare i bicchieri. Evidentemente, ormai priva di forze, il figlio le aveva trovato un'occupazione che le permettesse di sentirsi ancora utile ma al tempo stesso di non dare fastidio qualora il locale fosse stato pieno. Bruno ricordò nitidamente che dieci anni prima il figlio stava dietro al bancone a pulire i bicchieri. Adesso aveva perso quasi tutti i capelli e dimostrava forse vent'anni di più di quanti ne avesse in realtà. Non si poteva ricordare di lui. Sua moglie cucinava, lui preparava i piatti freddi e le bevande, oltre che stare alla cassa. Una ragazza serviva ai tavoli. Aveva circa ventisei, ventisette anni, e non sembrava affatto una del luogo. Gli portò il menù, ovvero glielo recitò, visto che in quel posto il menù non era mai esistito. Bruno ordinò la prima e l'ultima cosa che lei disse. Quanto c'era in mezzo non lo aveva neanche sentito, incuriosito com'era da quella misteriosa personalità che si celava dietro gli occhi di lei. Non provò attrazione fisica, solo curiosità. Poi lei si diresse veloce verso la cucina, e il proprietario gli portò il mezzo rosso che aveva chiesto. Non poteva essere loro figlia, troppo grande. Assaggiò il vino e seguì con lo sguardo la prima coppia andar via. Accese una sigaretta e si accorse che era la prima della giornata.

«Ecco il carpaccio di capriolo» disse la ragazza appoggiando il piatto davanti a lui. Bruno alzò lo sguardo per ringraziarla, come aveva sempre fatto in ogni ristorante con ogni cameriere, fosse uomo o donna. Ma quella volta si accorse che la ragazza esitò nei suoi occhi un attimo di troppo, con una malizia che non gli sembrava potesse appartenere a una donna. Si sentì in imbarazzo e fu lui a distogliere per primo lo sguardo. Lei gli diede un'ultima occhiata, come quelle che lanciano gli uomini verso una donna che li attrae pensando a tutto il sesso che potrebbero farci, e si allontanò.

Bruno cercò di non pensarci e gustò il carpaccio boccone dopo boccone concentrandosi solo su quel sapore, sul tempo trascorso dall'ultima volta che lo aveva sentito. Ma dopo l'ultima forchettata quel sapore l'aveva già dimenticato e, per nasconderselo, lo affogò nel vino. Alle sue spalle sentì dei passi lenti, quasi strascicati. E arrossì pensando alla ragazza che gli si avvicinava con una lentezza imbarazzante, ancheggiando un po' e ritardando il momento in cui si sarebbe trovata di fronte a lui e magari si sarebbe seduta al suo tavolo. Che cosa le avrebbe detto? Non alzò lo sguardo e forse chiuse gli occhi. Sentì il profumo dei canederli al gulasch e il rumore della sedia accanto alla sua che si spostava. La vecchia si sedette al suo tavolo e cominciò a descrivergli il modo tradizionale in cui venivano preparati i canederli. Lei aveva un segreto, e lo aveva trasmesso alla nuora. Bruno si sentì sollevato da quella presenza e lieto di stare ad ascoltare quella donna, ormai alla fine di una lunga vita, che voleva lasciare in qualche maniera traccia di sé. La sua ricetta dei canederli era forse uno dei pochi modi che pensava di avere.