Prese le chiavi della macchina con gesto meccanico, ma al tatto
sentì il portachiavi come ulteriore fonte di fastidio.
Anche quello gli era stato regalato da una donna di cui non ricordava
più il nome. Si sentì assediato e scappò
via. Niente macchina. Salì sul suo enduro 750 vecchio di
quindici anni ma ancora bello e solido, e fuggì via veloce
dalla città. Il salto nella 'maturità' voleva farlo
da solo, accidentalmente nei panni di studente universitario.
Allontanandosi col
vento in faccia cercava di pensare solo ai boschi, a quei monti
dove voleva arrivare prima possibile e dove riusciva a sentirsi
rilassato, spoglio di tutte quelle storie che, illudendosi di
essere innamorato, si era fatto piovere addosso. Ovviamente. Ma
più correva, più i pensieri fluivano, e per quanto
cercasse di arginarli canticchiando mentalmente motivi rock che
lo riportassero all'adolescenza, quelli tornavano pure a tempo
di musica. I volti delle donne, le situazioni, gli attimi mai
meditati delle scelte... era come un infinito zapping tra i ricordi.
Bruno cercò di ironizzare, pensando che gli avevano parlato
del giro di boa che si fa raggiunti i quaranta, ma che non credeva
arrivasse così puntuale e repentino.
Continuò
a canticchiare Stand by me finché non gli venne a noia,
poi pensò a suo padre, ma soprattutto a sua madre. Ormai
erano alle soglie della vecchiaia, rassegnati a trascorrerla senza
avere il loro unico figlio a fianco. Perché gli erano venuti
in mente proprio loro? "Che domande...", si disse Bruno,
"e perché stamattina mi sono svegliato con la certezza
che qualcosa dentro di me era cambiato?". Non si pose più
il problema del perché, ma lasciò che il flusso
dei pensieri andasse libero a pescare immagini nella sua infanzia,
e poi nelle svariate volte in cui, mentendo, aveva detto ai suoi
genitori che non poteva andarli a trovare per impegni di lavoro.
E invece era solo per stare con una donna o con gli amici. O a
quelle altre volte, in cui loro telefonavano a casa sua e trovavano
una donna spesso diversa dalla precedente a rispondere al telefono.
Hai voglia a spacciargliela come la nuova segretaria... Eppure
quello che avrebbero voluto dirgli per anni, per tutta la loro
vita, non glielo avevano mai detto. L'avevano congelato nelle
loro espressioni quando lui faceva il nome di qualche donna. Quei
volti mesti, rassegnati, di brava gente che aveva da poco festeggiato
i cinquant'anni di matrimonio e che non aveva mai concepito il
rapporto tra uomo e donna che in un unico modo: ci si conosce,
poi ci si innamora, infine si passa al matrimonio. E si fa di
tutto per proteggerlo, per conservarselo a vita. Ecco, nelle loro
espressioni c'era disegnata la rassegnazione per la certezza che
a loro figlio questo non erano riusciti a farlo capire. Insomma,
Bruno pensò che avevano tentato di trasmettergli un modello,
e forse lui l'aveva trasgredito apposta. Ma ora? L'illusione di
cui si sentiva vittima nasceva forse da quella voglia di trasgressione?
Stava forse pensando che avevano ragione i suoi? Stava forse sospettando
che in fondo aveva sbagliato solo per l'aprioristica necessità
di distruggere i modelli dei padri? Il pensiero che ci si innamora,
ci si sposa e quindi, dopo e solo dopo, si ama, lo stava forse
sfiorando?
Si fermò
a fare benzina senza abbandonare questi pensieri. Poco distante
da lui era già in attesa un'auto con una coppia a bordo.
Inequivocabilmente marito e moglie, quarantenne lui poco più
giovane lei. Guardavano in direzioni opposte, come se ognuno di
loro fosse solo in macchina, e intanto parlavano ai loro cellulari.
"Speriamo almeno non stiano parlando tra loro e si siano
accorti di essere uno accanto all'altra", pensò Bruno.
Poi pagò e ripartì. No, i suoi genitori in realtà
non avevano mai capito che la loro è stata una generazione
fortunata per ciò che riguarda i sentimenti. Tutto era
chiaro, stabilito. Adesso non più. E questo non erano mai
riusciti a capirlo, per quanto lui gliel'avesse spiegato decine
di volte. Il fatto è che più lui lo spiegava a loro
e più si lasciava vincere da quell'illusione, dall'illusione
di poter essere innamorato più e più volte, praticamente
di continuo. Era stato anni a spiegare loro che nella nostra cultura
c'è qualcosa di sbagliato, che si tende a razionalizzare
la nostra vita e a fare una cosa per volta: prima gli studi, poi
il lavoro, poi il matrimonio, poi i figli... Che invece in altre
culture si può contemporaneamente studiare e lavorare e
fare anche un figlio, magari ci si può pure sposare, ma
non è necessario. E non è detto che si debbano avere
un solo lavoro e un solo matrimonio nella vita. Poveretti, non
lo capivano, ma abbassavano la testa quasi compatendo lui e la
sua generazione.
Inserì una
marcia più bassa, svoltò a destra e si immise in
uno slargo sterrato pieno di cunette. Una vecchia scorciatoia
che non prendeva dai tempi dell'università, quando gli
piaceva fare un po' di salti con la moto. Quella domenica li fece,
e si scoprì ancora agile in sella. All'ultimo dosso pensò
a Born to be wild, rise di gusto e saltò. A riempirlo di
gioia fu senz'atro il volo, ma ancora di più l'atterraggio,
che del volo fa prendere coscienza, in mezzo testacoda, perfetto,
con cui riuscì a bloccare la moto. Si fermò qualche
istante per guardarsi intorno ed ebbe la sensazione di essere
libero. Quella sensazione finalmente gli piaceva. Adesso che stava
capendo i meccanismi della sua illusione, la libertà non
lo spaventava più. Aveva pensato per anni che cercare nuove
avventure, nuovi amori fosse sinonimo di libertà. Aveva
rinunciato alla filosofia perché pensava che il denaro
fosse sinonimo di libertà. Aveva sempre avuto paura di
essere troppo libero, ecco perché si era inventato la necessità
di innamorarsi di continuo. Aveva costruito la sua vita in funzione
di questo: vivere l'innamoramento e poi, finito quello, darci
un taglio. Ora qualcosa gli diceva che da qualche parte aveva
sbagliato. Riprese a correre con la moto tra strade sterrate,
ormai non molto lontano dalla sua meta.
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