Inediti - I vostri testi
In questa pagina potrete leggere i migliori lavori pervenuti al nostro sito. Stazioneranno per una o più settimane, poi cederanno il posto ad altri scritti meritevoli.
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Giunti vicino al gommone, Imer si chinò sulla piccola Valbona e le fece il solletico con un dito canticchiando con una voce alterata dalla leziosità tipica di chi si rivolge ad un bambino, e Valbona rise come un’aurora. La baciò più volte sulla fronte poi disse:

— Andate a sedervi, devo preparare i motori col mio apprendista che presto occuperà il mio posto — infilò due dita in bocca, fischiò, poi chiamò: — Fatmir, al lavoro — e un ragazzone vispo di circa quattordici anni che passeggiava con aria imprenditoriale avanti e indietro per il lungofiume corse verso il gommone.

Mentre Imer maneggiava i due fuoribordo YAMAHA di 250 cavalli facendo sciabordare le eliche e Fatmir lo fissava con la testa china di lato come un pettirosso curioso, si avvicinarono due uomini e il più giovane, dall’aspetto semplice e gaio che disponeva a suo favore, si rivolse a Imer in un Italiano di cui non poteva certo dirsi assente un robusto accento nigeriano:

— Imer, questo signore kurdo, Salah, afferma che la sua gente è preoccupata e vuole sapere quando si parte.

Imer spense i motori e si rivolse al giovane nigeriano:

— Joshua, spiega a Salah che capisco quello che prova perché so che stanno camminando da un mese e la strada per arrivare in Germania è ancora lunga — e si fermò per dare il tempo a Joshua di tradurre in inglese, poi riprese: — digli che non vogliamo mettere a rischio la nostra vita e che ci muoveremo solo quando riceveremo il via — e indicò a Joshua la lunga antenna della ricetrasmittente che un uomo teneva in mano.

Al chiarore del giorno morente, la collina della base militare albanese dell’isola di Sazeno si stagliava sull’orizzonte, salda e verdeggiante. Gli equipaggi che stavano per uscire in mare lasciarono l’edificio messo a nuovo della Guardia di Finanza italiana e scendevano sul sentiero serpeggiante tra la ricca vegetazione che porta fino al porto. Sui moli sconnessi, giacevano gli scheletri arrugginiti di quattro motosiluranti albanesi, fatte affondare durante la rivolta del ‘97; dentro l’acqua sono ormeggiate due motovedette italiane classe “Squalo 5000”. I potenti motori borbottavano già e dopo un breve tempo, le due motovedette salparono per tenere sotto controllo il tratto di mare tra Capo Linguetta e l’isola di Sazeno, il corridoio utilizzato dagli scafisti per dirigersi verso il Salento.

Nel crepuscolo che si addensava, i radar tenevano sorveglia la situazione, mentre le due “Squalo”, l’una fuori l’isola di Sazeno e l’altra dietro Capo Linguetta, si facevano cullare dall’acqua nell’attesa della preda. Sul ponte qualche nostalgico si volgeva alla linea del mare toccata all’orizzonte da una striscia di luce argentea diffusa da un sole invisibile, che rivelava le navi mercantili come altrettante ombre. All’improvviso, il comandante della motovedetta vicina a Sazeno mise sotto sforzo i motori, e, a luce spenta, virò a sinistra puntando la prua su Capo Linguetta segnalando in codice via radio all’altro mezzo della Finanza l’intercettazione di un “bersaglio mobile”: l’inseguimento era iniziato. Appena la motovedetta ebbe scapolato la penisola di Karaburun, il braccio della baia di Valona, i cannocchiali ad intensificazione di luce svelarono, su sfondo verdastro, l’esistenza di un gommone, subito raggiunto e costretto a costeggiare la base d’Oricum risalendo verso Valona.