Lo guardò ancora con sottile furbizia, poi, con la forza
di una convinzione sbagliata, si alzò e senza dire una
parola andò a ficcarsi sotto la doccia. Bruno non voleva
essere troppo duro con lei, e infatti non le disse niente. Semplicemente
decise di aspettare. Come si era innamorato di lei? L'aveva conosciuta
al compleanno di una sua ex, con cui era rimasto in ottimi rapporti
e ogni tanto ci scappava una scopata. Aveva pensato subito di
lei che fosse una rompiballe, stronza e per di più viziata.
Quasi a voler confermare questa sua impressione su di lei non
le toglieva gli occhi di dosso, osservandone il comportamento
tenuto con gli altri ospiti, mediamente di una decina d'anni più
adulti. Il suo atteggiamento di superiorità e strafottenza,
il saper aggiungere la parolina giusta all'interno di una discussione
arenata attorno a speculazioni spesso vacue, il modo di chiedere
al cameriere di prepararle un drink, la naturalezza con cui passava
da atteggiamenti quasi infantili, tesi a sedurre, ad atteggiamenti
da donna matura e navigata, un po' snob e un po' intellettuale
trasgressiva da salotto newyorchese, tutto questo confermava le
sue impressioni. Bruno più la osservava, più era
certo di avere proprio centrato il tipo. E questo lo riempiva
di soddisfazione: almeno tutto quel cambiare donne a qualcosa
era pur servito. A riconoscere al volo il 'tipo' che si trovava
di fronte. Però non riuscì a cogliere un momento
importante nell'evoluzione del comportamento di lei, il momento
in cui sarebbe arrivato il suo turno. E puntualmente il suo turno
arrivò.
Tutto ciò
che razionalmente lo aveva appagato nell'osservarla, finì
per attrarlo. Bruno non capì se lei avesse tessuto quella
tela per arrivare a lui dopo averne suscitato la curiosità,
o se l'incontro fosse stato casuale, però si fece catturare
perché lei infine era riuscita a sorprenderlo. Da lì
a immaginare che fosse proprio la sua donna ideale passarono pochi
minuti. Capitò come capita a un pugile che sta vincendo
largo ai punti e, arrivato all'ultima ripresa, la usa come fosse
una passerella. Poi si distrae solo una frazione di secondo, giusto
un attimo, e l'altro, che era finito al tappeto magari tre o quattro
volte durante il match, gli assesta un gancio malefico che prima
lo sorprende, ma poi lo stende. E in quei dieci secondi che lo
separano dalla sconfitta, il pugile continua a chiedersi "ma
come cazzo ha fatto... com'è che non me ne sono accorto...
perché non riesco ad alzarmi...". Poi sente il gong
finale, e solo allora si accorge che è troppo tardi. Per
Bruno era stata la stessa cosa a quella festa.
Ma quando sentì
l'acqua della doccia scorrere, e non poteva che scorrere sul corpo
di lei, capì. Il suo sguardo iniziò a vagare per
quella casa che era sua, che pure non conosceva fino in fondo,
e si rese conto che non la sentiva mica tanto sua. Già,
perché negli slanci di passione aveva concesso a troppe
il gusto di modificarla a proprio piacimento: aggiungere un mobile,
un vaso, un quadro, togliere un tappeto, spostare una pianta o
arredare un'intera stanza. Pensò che aveva iniziato a lavorare
come consulente finanziario per potersi permettere il lusso di
corteggiare le donne come meglio credeva. E quando ne corteggiava
una, era talmente deciso e credibile che non falliva quasi mai.
Adesso si ritrovava con tutte le agiatezze che il denaro può
dare, in una casa molto lussuosa ma a lui quasi sconosciuta, e
con un'illusione che lo stava abbandonando. Però si sentiva
bene, rilassato, e ancora una volta pensò che quello era
un buon giorno per fare chiarezza.
La ragazza uscì
dalla doccia e non esitò ad asciugarsi davanti a lui, inutile
tentativo di suscitare un ripensamento attraverso la seduzione.
Lui la guardava e sorrideva, senza dire niente. Lei si sforzava
di apparire naturale. Ma quando una donna si riveste davanti a
un uomo rallentando con sapienza i gesti che portano la sottoveste
di seta grigio perla a scendere lungo il suo corpo ancora bagnato,
e volutamente indossa i jeans senza slip, crogiolandosi nel massaggio
della stoffa che sale lenta sulla pelle fino al pube, e poi lascia
i bottoni sbottonati come sbadatamente, ma certa che apparirà
molto sexy... insomma quando è bella, come lo era la ragazza
davanti a Bruno, e fa tutto questo per un uomo che la sta a guardare...
o lo stende al tappeto e potrà farne quello che vuole,
oppure è meglio fingere fino all'ultimo, come se in realtà
quei gesti facciano parte della sua quotidianità e non
abbiano altro fine che quello di vestirsi. E poi andarsene. La
ragazza fu bravissima.
«Auguri»,
disse a Bruno nascondendo tra le pieghe della voce la certezza
che si sarebbero rivisti, che lui l'avrebbe richiamata magari
più tardi o al più domani. E questo, Bruno lo intuì.
Ma in fondo non gli andava nemmeno di distruggerle quella illusione:
troppa fatica. Poi la vide prendere lo zaino senza asciugarsi
i lunghi capelli e andare via, naturalmente con il passo di chi
sa di tornare.
A Bruno rimase un
"grazie" impigliato nel palato, e finalmente fu solo
a confrontarsi con quell'illusione che era svanita. Non l'avrebbe
festeggiato il suo compleanno, anzi, avrebbe lasciata inserita
tutto il giorno la segreteria telefonica, per evitare che qualche
amico o amica, con la scusa di fargli gli auguri, lo coinvolgesse
in una serata nostalgica in cui celebrare il definitivo ingresso
nella maturità. Già se l'immaginava. Gli avrebbero
invaso casa tutti quegli splendidi quarantenni in carriera alcuni
dei quali, e lui non era da meno, sommersi dai soldi ma ancora
capaci di perdersi dentro i cinici intellettualismi o ideologismi
di vent'anni prima. La nuova generazione di borghesi plasmata
sul modello dei giovani progressisti newyorchesi over quaranta:
tutti molto trend, molto snob, molto finemente intellettuali e
intolleranti al punto giusto. Amanti delle espressioni più
estreme e innovative dell'arte, ma solo perché non in grado
di coglierle nella loro essenza di bluff. Per loro l'artista è
necessario, tanto più lo è quanto meno è
comprensibile. Altrimenti di cosa si parlerebbe. Una generazione
che si è lasciata alle spalle le emozioni perché
di quelle non si può parlare, bisogna viversele addosso
e bruciarle dentro. Una generazione per la quale ciò che
conta è la novità, o addirittura basta la notizia
della novità. Bruno non aveva nessuna intenzione di passare
una serata così, né di ricevere festeggiamenti.
Decise di radersi,
lui che portava la barba da quindici anni. E allo specchio scoprì
lentamente un volto ancora giovanile, con sulle labbra quella
maliziosa smorfia da adolescente che faceva tanto impazzire le
sue compagne di liceo. Tagliò via anche i baffi e, con
loro, anni di adeguamento a stereotipi generazionali. Si infilò
sotto la doccia e, mentre l'acqua gli lavava via l'odore di quella
notte, decise che avrebbe cambiato l'arredamento di casa. Tutto.
Voleva sentirla davvero sua quella casa. Gli sembrava il primo
passo. Piccolo ma importante. Avrebbe salvato solo la poltrona
svedese dello studio e la lampada giapponese del salotto. Il resto,
via. Ma tutto questo non poteva farlo subito, visto che era domenica.
Ovvero, avrebbe potuto, ma gli sembrò più giusto
rimandarlo a un altro giorno. Si asciugò, e ricordò
con quanto trasporto seduttivo una delle sue tante donne gli aveva
regalato quell'accappatoio. Era riuscita a entrargli in casa senza
che lui lo sapesse, con la complicità della donna di servizio;
aveva preparato una cena e si era fatta trovare sotto la doccia.
Poi era uscita avvolta nell'accappatoio e, mentre lui l'aspettava
a tavola, se l'era tolto, dicendogli che era per lui. Che però
vi sarebbe rimasta impressa per sempre l'armonia del suo corpo,
e lui l'avrebbe sentita addosso ad ogni doccia. In realtà
dopo... cinque, quattro anni forse, l'armonia di quel corpo la
sentiva solo adesso e non per i motivi che lei avrebbe voluto.
Poi cenarono, e lei rimase nuda davanti a lui per tutta la cena.
Come si chiamasse non lo ricordava bene, ricordava con che naturalezza
stava nuda: ma perché se n'era innamorato? Ah, sì...
era il periodo in cui lo attraevano le donne di successo, quelle
con le palle e la carriera... E lei ne era un po' la quintessenza,
visto che oltre a essere molto bella era anche un avvocato di
notevole successo, con studio nel quartiere più esclusivo
della città e clientela a nove zeri. Si chiamava Rita.
Forse si trattava del fascino del dominio verso chi nella vita
domina gli altri. E l'aveva fatta innamorare, eccome... Poi ovviamente
si era stufato, rimettendosi alla ricerca di un altro ideale femminile.
Ovviamente. Un avverbio racchiudeva così bene oltre vent'anni
di amorazzi illusori e fallimentari? Ovviamente sì.
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